Guardaroba

Il mercato dell’abbigliamento vintage, usato o di seconda mano, ha causato un grave problema economico e ambientale: le restituzioni dei capi acquistati, più comunemente noti come resi.

I primi ad accorgersi del problema sono stati ancora una volta gli americani che hanno calcolato le ricadute dei resi sull’ambiente: imballaggi per i pacchi e carburante per riportare i capi al mittente hanno raggiunto volumi devastanti.

Contribuire ad inquinare l’ambiente per una moda che si vanta di perseguire il riuso ed il riciclo è pura follia!

Cosa è successo?

Le piattaforme digitali e sempre più profili social propongono abiti attraverso le immagini. I capi si possono osservare ma non toccare o provare. Il ragionamento è ovvio: lo provo quando mi arriva e se non mi piace lo restituisco.

Non è un caso se gli e-commerce che propongono i resi gratuiti producono volumi di vendite maggiori, a fronte però di uno spreco che ha fatto scattare molti campanelli di allarme.

Alcune piattaforme hanno introdotto restrizioni e creato delle black list con i clienti che hanno fatto più volte ricorso al reso. In Italia manco a dirlo sono nati “I furbetti del servizio resi” come scrive il collega Federico Biserni su La Repubblica.

Persino i migliori influencer, pur proponendo slot di vendita a tempo o Drop che stimolano gli acquisti d’istinto, invitano oggi i compratori ad acquistare con parsimonia per ridurre il fenomeno dei resi.

Un prodotto che torna indietro comporta una perdita di tempo incredibile per i venditori privati, dalla necessità di sanificare il capo prima di riproporlo in vendita, rifare il pacco per la nuova spedizione e prenotare il corriere per la nuova consegna.

Non è tutto. La vendita online è un meccanismo guidato da parametri ben precisi. Un capo venduto in un determinato giorno e ad una determinata ora viene visualizzato da una quantità di potenziali acquirenti che potrebbe non essere la stessa nel momento in cui l’abito viene riproposto. Insomma, una vendita sfumata può diventare una rimanenza di magazzino.

5 errori da evitare nell’acquisto online di capi vintage

Soprattutto chi si avvicina per la prima volta all’acquisto di abbigliamento vintage, usato o di seconda mano, è bene che faccia un giro in un mercatino o nei negozi per “farsi una cultura”.

Proviamo ad elencare 5 errori da evitare per non dover restituire il capo appena acquistato.

Mai comprare senza:

  1. Conoscere bene i tessuti ed il loro comportamento “in movimento”.
  2. Avere verificato la vestibilità di ogni capo. I jeans sono un ottimo esempio perché ogni marca veste diversamente e le taglie sono suscettibili di variazioni a seconda del modello.
  3. Avere ben chiare alcune caratteristiche degli abiti degli anni ’70 ’80 o ’90 come le misure abbondanti, le spalline larghe e imbottite, i bottoni grandi e materici.
  4. Possedere competenze di sartoria o conoscere sarti che possano apportare ai capi le necessarie modifiche.
  5. Visualizzare subito l’abbinamento o l’outfit per il singolo capo che stiamo per acquistare. Rischiamo di restare delusi dopo avere comprato un solo capo visto su un outfit completo.

Ovviamente accanto a tutto questo è importante conoscere bene se stessi:

  • Mai comprare senza prima aver immaginato il nostro volto, silhouette e proporzioni al posto del manichino o della modella delle foto.

Compare bene significa avere consegne più veloci e tempi di attesa più brevi

Ricordiamoci infine che il risultato della nostra impreparazione e l’eccessivo ricorso al servizio dei resi, rischia di intasare la filiera logistica delle consegne ed il pacco che tanto stiamo aspettando potrebbe arrivare in ritardo perché i nastri trasportatori sono pieni di resi da rispedire al mittente.

Scritto da:

Redazione

Magazine per appassionati di vintage